Jessica Martelli, foto tratta dal libro Donne e ricette della prateria bolognese, di Garuti -Fantuzzi, L'Artiere Edizionitalia

Jessica Martelli, foto tratta dal libro Donne e ricette della prateria bolognese, di Garuti -Fantuzzi, L’Artiere Edizionitalia

Presentiamo oggi la chef Jessica Martelli, docente di cucina per il corso Operatore della Ristorazione di Fomal , centro di formazione professionale di Bologna. Jessica ha iniziato il suo percorso nel ristorante dei genitori, ha poi studiato al Fomal (che al tempo si chiamava “Oral”) ed infine è tornata per trasmettere il suo entusiasmo e la sua competenza agli studenti. Abbiamo fatto due chiacchiere parlando di cucina a 360°, di formazione e della professione di cuoco. Questa è la prima di una serie di interviste che ruoteranno attorno al tema dei corsi di cucina che si svolgono presso i centri che hanno aderito al progetto Qualità in classe. Buona lettura!

Qual è stato il suo percorso per diventare chef?
Inizio dalla gavetta, come tutti gli chef, e dall’attività familiare. Una caratteristica che mi avvicina ai miei genitori è senz’altro la curiosità: si sono sempre impegnati a scoprire nuove ricette, scoprire il nuovo nel rispetto della tradizione, portare nel territorio bolognese piatti di altre terre e di altre tradizioni.  La prima attività aperta dai miei genitori si chiamava “Le Ocarine“, in una frazioncina di campagna, Armarolo, nel comune di Budrio. Il nome della trattoria si rifà all'”ocarina”, lo strumento a fiato nato e prodotto a Budrio che io e mia sorella studiavamo e suonavamo nel gruppo di paese. Lavoravo in cucina mentre mia madre gestiva la sala: ricordo ancora la sua saggezza e il senso di responsabilità che mi ha trasmesso. I miei mi hanno insegnato anche a sperimentare, ad osare dietro i fornelli e ad avere il coraggio di emergere. Nel ’85, apriamo un nuovo ristorante, L’8oo di Argelato,  che ha ricevuto la stella Michelin. E’ a cavallo di queste due esperienze lavorative che è iniziato  il periodo di formazione con Fomal, allora “Oral”, subito dopo le medie (al tempo non c’era il percorso obbligatorio triennale). Negli anni successivi ho viaggiato molto, negli Stati Uniti, in Francia, ho frequentato altri corsi, come quello per somelier. Fino ad arrivare ad oggi, al rapporto con gli studenti e con il mondo della formazione.

Il settore enogastronomico è sempre stato uno dei fiori all’occhiello dell’Italia, qual’é il segreto della qualità? Che ruolo ha il rapporto con i fornitori?

Secondo me il segreto è la varietà e la competitività dei prodotti. Quando lavori in un ristorante è facile e d’obbligo ristoavere rapporto con fornitori per la scelta delle materie prime. C’è proprio una relazione diretta: vai in azienda, selezioni i prodotti, ascolti le storie degli imprenditori, ti confronti con i loro valori. E’ da qui che nasce la fiducia. Gli stessi fornitori sanno di entrare in una elite nel campo della ristorazione e sono quindi disponibili ad aprire le porte delle loro aziende. Per la scuola il discorso è più ampio e variegato. Qui il tema dei prodotti e dei fornitori deve essere affrontato in primo luogo da un punto di vista culturale. Ai ragazzi è difficile far passare immediatamente il concetto di qualità: si tratta di un processo complesso che puoi cogliere nell’arco completo dei due anni di scuola. Per questo è importante non solo il docente con le sue lezioni, ma anche le attività speciali come le visite guidate, le fiere, le manifestazioni di settore come expo. Penso che far passare questo messaggio sia una delle sfide più importanti per un insegnante di cucina.

Cosa ne pensa del profilo dello chef che negli ultimi anni da artigiano del gusto è diventato star televisiva?

Viviamo nell’era del digitale e dei social network, siamo tutti sovraesposti mediaticamente e , in un certo senso, “star”. I nuovi mezzi di comunicazione e le nuove mode hanno lanciato un diverso stile di espressione, anche in cucina. Penso che apparire sia un buon modo per promuoversi.  Per quanto riguarda lo chef che decide di apparire, non penso ci sia nulla di male, è la modernità. La semplificazione possiamo trovarla invece in chi, attratto  da facili successi apparentemente alla portata di tutti, pensa di poter emulare il personaggio. Bisogna capire che alla base di tutto c’è sempre la gavetta, una profonda cultura, e l’umiltà.

Quali sono le regole  della sua cucina che prova a trasmettere agli studenti di Fomal?

L’equilibrio dei sapori è la cosa più importante. Stiamo parlando di ragazzi che si avvicinano per la prima volta e che stanno imparando adesso a conoscere i sapori e gli equilibri del gusto. E’ un processo lungo… Cerchiamo di favorire questo passaggio: dal gusto dell’adolescente ad un gusto più maturo,  meno omologato, anche nel rispetto delle materie prime.

Quanto conta oggi la formazione?

Conta tantissimo, anche considerando la mia esperienza. Sicuramente la formazione si è molto evoluta rispetto a IMGP1280quella che ho fatto io anni fa. Oggi c’è una struttura trasversale e di maggiore qualità, la didattica  è più strutturata e i ragazzi sono seguiti, c’è l’insegnamento della lingua straniera… Bisogna tener conto anche di uno scenario che è mutato: oggi è difficile lavorare senza una formazione adeguata perchè il mercato del lavoro è più competitivo. Un’ottima opportunità ci sarà offerta dal progetto Qualità in classe, anche rispetto al tema che accennavamo prima, il gusto e il rapporto con i fornitori. Penso che avremo la possibilità di capire da vicino le dinamiche delle aziende, i loro valori, il rapporto tra produzione e ristorazione.

Quali saranno le prime parole che dirà agli studenti che il prossimo anno frequenteranno la scuola per la prima volta?

Dirò che il nostro obiettivo è di accompagnarli durante gli anni di scuola per garantire loro la qualifica e metterli nelle condizioni di trovare lavoro. Dovranno aver raggiunto un grado di autonomia e competenza tale da permettere loro di scegliere dove lavorare, disporre del loro futuro, non accontentandosi mai di soluzioni di ripiego.

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